Scena
Terza
(Entra Didone e cammina pensierosa sulla scena. Entrano poi due Guardie
del Palazzo ed Ilioneo. Questi si inginocchia davanti a Didone)
Ilioneo: «Nobile
Regina, vi rammentate di Ilioneo di Troia?
Un tempo giunto esule sulle vostre coste, ed or tornato qui dalle terre dAusonia53,
dopo periglioso viaggio, quale messaggero del suo Principe, il prode Enea».
(Didone
esita, sorpresa. Infine si rivolge alle Guardie)
Didone: «Dovè il
vostro Capitano? Chiamatelo».
Guardia: «Egli
cha detto dessere inutile al caso».
(Didone
si rivolge a Ilioneo. La voce è insicura)
Didone: «Alzati,
Ilioneo di Troia, e parla dunque».
Ilioneo: «Il
prode Enea manda a dire che egli fu costretto a partire
dalla vostra mirabile città, e non gli fu nemmen concesso
di rendervi i dovuti omaggi.
(Didone
si volta sdegnata, e prosegue ad ascoltare senza più guardare
il suo interlocutore)
Il nostro
Principe ci ha condotto sulle rive del fiume Tevere, nella media
terra dAusonia, dove intendiamo stabilirci.
Ma rozze e bellicose tribù ci muovono guerra.
Egli chiede dunque il vostro aiuto, nobile Regina di Cartagine54».
Didone: «Che
motivo ho io di fomentare questo conflitto?
(Entra
Virgilio e suggerisce qualcosa a Didone)
E che
motivo porti tu per questa scellerata guerra55?».
(Virgilio
annuisce ed esce. Entrano Apollo e Minerva. Essi si manifestano
solo a Didone. Nessun altro può seguire il loro incontro)
Apollo: «Apollo
e Minerva, ti forniranno ora, non uno, ma due motivi.
(Didone
rivolge loro un cenno dossequio)
Ché tu,
poco avvezza a guerre e stragi, inutilmente cercheresti.
Taffanni infatti a cercar motivo dove, nel mondo in cui vivi, si finge
ovunque di cercar motivo contrario: quello per non muover guerra.
E si finge infine di non averlo trovato.
Sappi dunque che Enea è destinato in ogni modo a prevalere.
Ma dopo gran spargimento di giovane sangue e dopo »scellerata guerra»,
come sì bene tha indicato il Sommo Vate.
Se invece tu, Didone, interverrai, la vittoria di Enea sarà rapida,
e la scellerata guerra sarà breve.
Perché la tua armata è potente.
Tu puoi render breve lo scempio, Didone.
Sì breve che lacerbo Niso e il vieppiù acerbo Eurialo,
abbian tempo di impiegar meglio i lor talenti.
Sì breve che i lor capi non sian divelti dai corpi, e questi sparsi
per i campi, in bocca ai cani.
Perché queste son le trame della scellerata guerra56.
Tu puoi render breve lo scempio, Didone.
Perché la tua armata è potente.
E pur perché lira della vieppiù potente Giuno, che già la
Furia Alletto ha scatenato nefasta57, verrebbe saziata dalla tua impresa, garanzia
per Cartagine58 e speranza per Turno59.
(Si avvicina
a Didone e le confida qualcosa)
Così che
allaspra moglie di Giove60, giovi portar consiglio al Campion
dei Rutuli61, e giovi lasciar al saggio Re Latino di scolpir gli
eventi secondo lanimo dei protagonisti ed il voler delle
loro coscienze62».
Minerva: «Ma
vi è un motivo ulteriore che devi conoscere: Enea sta
per fondare un grande Impero.
Il più grande che sia mai comparso nel mondo.
Roma sarà il nome dellImpero.
Ma il suo fondatore, a Cartagine ha fallito, perché un vero Eroe deve
conoscer lamore quanto lardimento.
Eppur di Venere63 è figlio tal Eroe.
Così il suo Impero è destinato a crollare per la stessa ragione.
Sarà forte ed ardimentoso come il suo fondatore, conquisterà terre
lontane e popoli bellicosi; ma come il suo fondatore, si rivelerà arido
ed iniquo, ed abbandonerà lungo la strada del tempo, le sue migliori
virtù, fino a diventare inutile.
Allora le invincibili armate tremeranno di fronte a disordinate torme di
illitterati predoni.
Erbe infestanti si arrampicheranno sugli alti acquedotti.
Decori e monumenti saranno spogliati.
I templi abbattuti.
E non miglior destino seguirà la tua città, se altra Regina
si darà.
Ma se tu, Didone, partirai alla volta del fiume Tevere, Enea avrà unultima
possibilità di capire il suo fatale errore.
Se la perderà, già conosci il futuro del mondo; se invece farà ammenda
della sua follia, il suo Impero è destinato allimmortalità,
e porterà pace, giustizia e libertà in tutto il mondo.
Così che questo diverrà ununica nazione sotto il Dio
supremo, universale e indivisibile, con libertà e giustizia per tutti.
E comprenderà pure Cartagine, evitando così terribili lutti».
Didone: «Ma
Enea afferma di agire in nome del Fato. Dunque è stato
ingannato?».
Apollo: «Non
sono ancora giunti i tempi in cui saranno conosciute tutte le
risposte.
Ma sappi che il Fato è falso profeta, quandesso parla contro
la pace tra gli uomini».
Minerva: «E
così quando oscura la loro mente, portando cattivi consigli».
Didone: «Buon
Apollo e sapiente Minerva, fa parte della mia missione loffrirgli
di nuovo lamore mio?».
Minerva: «In
tale materia sei libera di offrire, negare, accettare, e rifiutare.
Ma usa la tua sapienza».
Apollo: «Hai
solo da rimaner Didone, ed agir con pace nellanimo».
(Apollo
e Minerva escono)
Didone: «Dunque,
qual è la tua riposta, Ilioneo?».
Ilioneo: «La
guerra è necessaria perché siam circondati da popoli
bruti e ostili.
Ma noi siam giunti in pace e per trovar asilo.
Per fondar nuovo tetto e seminar nuova vita.
E antichi diritti possiam vantare su quei luoghi.
Giacché il nostro capostipite, Dardano, figlio di Giove, di quei luoghi
fu originario».
Didone: «Eppur,
quando dovessi accettare, cercheremo la trattativa prima di menar
le armi, tavverto.
E cosa moffre a compenso il tuo Principe?».
Ilioneo: «Una
parte dei territori, quale vostro imperio personale».
Didone: «Se
pur dovessi accettare, nulla sarà per me, ed il premio
andrà ai militi cartaginesi che lì verranno a trattare,
e a combattere, se necessario.
Ed essi potranno fondare una nuova citt à, tavverto».
Ilioneo: «Ebbene,
in questo caso, il mio Principe vi offre gli irti colli che si
alzano a mezzogiorno del fiume Tevere64, e dai quali, chi possiede
buona vista, nei giorni in cui il cielo è lindo, a ponente
ammira le acque del mar Tirreno, a oriente osserva le acque dei
due placidi specchi che si distendono tra le loro sommità65,
ed infine, voltatosi a settentrione, scorge le acque del gran
fiume dAusonia66».
Didone: «Hai
forse dimenticato di riferirmi che tale posto è abitato
da belve feroci nei boschi e da voraci serpenti nei laghi? ».
Ilioneo: «Vi
assicuro che esso è premio molto ambito».
Didone: «Se
così non sarà, prenderemo tutto il resto, tavverto.
Or prendi congedo, che mi ritiro per decidere.
(Ilioneo
e le Guardie escono)
Sventurata
sorte che ancor fai sanguinare la mia piaga!
Così lento il tempo nel ricucirla.
E così rapido il destino nel riaprirla di fresco.
Già il mio cuore affanna come solo un baleno fosse passato da che
linfido Troiano mi abbandonò su questi lidi.
Dio bizzarro che è lamore!
Ma or la mia mente è salda, e riconosco i tuoi espedienti, Enea.
Speravi di avermi ancor con poco, ma temevi di dover pagare il giusto, e
questo t ho chiesto.
Ché il mio amor per te è così grande che ti sconto il
tuo oltraggio; ma che Cartagine non debba pagarne il fio, ed abbia ciò che
un mercante chiederebbe ad altro mercante.
Con Didone facili affari concludi, Enea mio.
Ma dalla Regina di Cartagine, non t aspettar favori, empio Principe
errante».
(Didone
esce. Entra Carneade)
Carneade: «Or
Dido sappresta ad armar la flotta.
La Regina in persona sar à alla testa dei suoi militi.
Perché ella non è nuova a simili imprese.
Ed è ormai giunta a riva.
Dopo la tempesta.
Il naufragio.
Nellinsano mar del pianto
(Entra
Didone, intensamente pensierosa)
Eppur il
dolore è infinito.
Lantica fiamma arde inestinguibile67.
E laffanno è senza respiro.
Ma è ormai giunta a riva, Didone.
Il tormento s è fatto rabbia.
La passione, ardimento.
E la sofferenza, orgoglio.
Il cuore perman folle. La mente rinvien chiara.
La Regina arma la flotta.
Solo volontari ella raccoglie, ché Cartagine non è in pericolo,
ed espone il premio: un campo, un bosco, un colle, una riva ad ogni milite.
(Entra
Cadmo e interagisce con Didone)
Non conduce
con s é il suo prode Capitano, Didone.
Strenue resistenza egli propone.
Ed intanto scruta nell animo di lei.
Questo è ben saldo, ed infine, lui, Cadmo, le obbedisce.
Ma il Capitano ordina alle sue miglior Guardie di seguir la lor Regina.
(Cadmo
indica qualcuno fuori scena. Entrano alcune guardie. Cadmo lascia
Didone e si avvicina a queste. Le passa in rassegna, poi le istruisce
una ad una, e via via queste si avvicinano a Didone)
Le sue
miglior Guardie.
Poche, ma fidate.
E lha chiamate una ad una, per istruirle allimpresa.
Or dunque prende il largo la flotta.
E savvicina lesta alla verde foce del Tevere
».
(Didone
e le guardie escono per primi. Cadmo esce poi dalla parte opposta.
Carneade esce per ultimo, dalla stessa parte di Didone e le guardie)
Scena
Quarta
Foce del Tevere.
(Entra
Enea, seguito dai suoi compagni. Entra Carneade)
Carneade: «Enea
scruta lorizzonte, richiamato in gran fretta dai suoi osservatori.
Le vele di Cartagine punteggiano il mar laziale.
Potente armata si avvicina ai lidi di ponente delle medie terre d Ausonia.
Acquisto fin troppo ingombrante per lo scopo suo
(Entra
Didone)
Quando
la distanza saccorcia, la prima figura che lEroe
di Troia è in grado di scorgere è quella della
Regina di Cartagine.
Enea mette in allerta i suoi uomini.
Perché egli riconosce la portata delle sue azioni.
Ma non riconosce Didone, perché ella non appare la medesima dellultimo
inverno.
Alla testa della prima delle sue navi, avvolta in purpurea68, regal veste da
battaglia, Elissa di Tiro si erge determinata e orgogliosa.
Linarrivabile bellezza già ben visibile nella mente del Teucro.
Lei scruta la riva. I lunghi capelli biondi sciolti nel vento.
(Entra
Ilioneo)
Quando
le si affianca Ilioneo, Enea rasserena i suoi timori.
Così come accentua le proprie perplessità, quando Didone tocca
terra per ultima.
(Entrano
alcune guardie di Didone)
Per ultima,
e ben circondata dalle sue Guardie.
(Entra
un emissario cartaginese)
Per ultima,
e quando la sua alleanza è già pervenuta ad Enea
dalle mani di un ambasciatore.
Egli lattende ai margini della riva.
La mente gi à appagata.
Gli occhi, invidiosi d essa, aspettano ansiosi.
Ed infine riscoprono la meraviglia
».
(Didone
si avvicina ad Enea. Carneade esce. Enea allontana i propri compagni.
Questi escono. Escono pure Ilioneo e lemissario. Didone
mantiene intorno a sé le proprie guardie)
Enea: «Ti
saluto, Regina ».
Didone
(con tono ironico): «Ed io saluto te, Eroe».
Enea: «Ho
temuto che la sventura si fosse abbattuta sul tuo capo, ma tu
sei qui adesso, di fronte a me, sontuosa e mirabile al tuo meglio,
a dimostrare il contrario ».
Didone
(fra s é): «Come usi bene le tue parole, Enea mio.
E come sai ben confidare nella bont à della sorte!
Se poi avverti qualche dubbio, questo non suscita in te più di qualche
timore, e nel caso di cui oggi discuti, hai potuto ben lasciare a qualche
cuor generoso lincombenza di conservare la tua preda di caccia69,
"sontuosa e mirabile".
Eppure quanto ancora adoro le tue molli carezze, Enea mio!
(Rivolta
ad Enea)
Pensiamo
all oggi dunque, Principe dAusonia.
Ed indicami ci ò che il Fato ti ispira».
Enea: «Monteremo
qui il campo, stanotte.
Domani mostreremo la nostra forza alle veementi trib ù che abitano
questi luoghi.
E se esse perseveranno nei loro iniqui propositi, il sangue dei loro
uomini renderà per un giorno colorate di rosso le chiare acque
del fiume Tevere, ed in quelle sciolto, giungerà fin su questi
lidi ».
Didone (fra
s é): «Come ti mostri prode
e coraggioso, Enea mio!
Or forte dei miei numerosi e ben armati militi.
Tale ardimento certo non era degno di applicarsi a meschina donna
morente, ma messo al servizio del Fato, esso manifesta tutta la sua
alta dignit à!
Eppur tu parli e ancor m incanti.
Dolce suono le tue viril parole, Enea mio.
Dolce vista il tuo fiero sguardo ».
Enea: «Ma
tu, Regina, non dovrai esporre il tuo prezioso petto alle spade
dei nostri nemici.
Tu sarai sotto la protezione di Enea.
E nessuno dovr à osar toccarti perché sarà la mia spada
che ti difenderà.
(Didone
abbassa il capo, triste. Poi si tocca la ferita di spada, ancor
recente. Enea le si avvicina. Didone congeda le proprie guardie.
Queste escono)
Che accade,
Regina? ».
Didone: «E stato
un viaggio faticoso. Nulla più.
Or ti prego di prender congedo, ch é le mie membra invocano riposo.
(Enea le
prende la mano. Didone indugia per qualche attimo, poi si tira
in disparte)
Va, tho
detto.
Ti prego, lasciami sola
».
(Enea indugia.
Infine, esce da una parte. Poco dopo, Didone esce dall altra)
Scena
Quinta
Foce
del Tevere. Campo di Enea e Didone. La notte seguente.
(Entra
Didone, si corica sul proprio giaciglio, e saddormenta.
Poco dopo, entra Sicheo, seguito di nascosto da Pigmalione e
da due assassini. Questi ultimi sorprendono alle spalle Sicheo
e lo uccidono con numerose pugnalate, sotto lo sguardo compiaciuto
di Pigmalione. Didone si sveglia di soprassalto. Sicheo si alza.
I quattro uomini si fanno amorfi ed escono)
Didone: «Marito
mio
Non portar, se puoi, altra pena a gravar il mio cuore.
Riposa in pace, ch é il nostro incontro è solo rinviato.
Perdona le mie colpe, e serbami il tuo amore.
(Cerca
di riprender sonno. Ma invano. Quindi si alza, si veste come
fosse giorno, e raggiunge la scogliera alla foce del Tevere.
Subito seguita dalle sue guardie, le allontana, ma queste rimangono
nascoste in disparte)
Nobile
Cadmo, la notte non grava i miei occhi.
Dove sei?
Cosa fai?
Sei lontano, eppur ti sento intorno a me.
Son vestita, eppur mi sento spogliata di tutto.
Forse non son queste parole da sorella, ma son non meno le mie parole.
(Didone
fissa uno scoglio scavato dalla risacca del mare)
Or son
io lo scoglio?
La goccia incessante del tuo amor paziente ha forse penetrato il gelido sepolcro
in cui ho sepolto il mio cuore?
E allor da riva mi ritirerò dove più nulla possa corrompere
il gelido sepolcro in cui lho sepolto!
Ma tu sei solo, ed io ho paura.
Vieni via da Cartagine.
Raggiungimi.
Io tho lasciato là, a protegger la nostra città.
Ma pur a sottrarre il tuo cuore ostinato al mio cuore iniquo.
Ma or ti scorgo in mezzo alla burrasca, prode Cadmo, fiaccola della mia vita.
Vorrei perciò distendere i flutti, e condurre a riva il tuo legno,
con dolce vento.
Ma io sono qui.
Lontana da te e dalla nostra citt à.
Vorrei essere una delle rondini che giungono qui dai nostri lidi70, per tornare
indietro solitaria.
Volerei su di te, come rondine solitaria che indugi tardiva sulle nostre
coste, senza consentire che la vista del mio cuore iniquo gravi sul tuo.
Seguirei costante i tuoi passi affinché nessun nemico possa sorprenderti
alle spalle.
E pur se un tetto ti celasse al mio sguardo, non uno sarebbe il mio uscio,
ma tanti quanti le finestre di quel palazzo.
E se mi perdessi nei suoi corridoi, aspetterei che la tua mano forte mi riconducesse
verso la luce.
E pur da rondine mi sentirei osservata.
Ché il tuo occhio daquila mi scruterebbe nellanima, svelando
il dolce inganno.
Ma io lascerei la tua mano per correre nel vento, perch é il mio cuore è iniquo,
quanto il tuo è ostinato.
Ché tua sorella sono; e per cuore iniquo, e per giusta fede nello
sposo mio.
E da tua amorosa sorella, io temo per la tua vita e prego per essa.
E bramo di rivederti ».
(Didone
esce. Le sue guardie, rimaste in disparte, la seguono ed escono)
Scena
Sesta
Cartagine. Una via secondaria. Medesima notte.
(Entra
Carneade)
Carneade: «Didone è lontana.
(Entrano
Iarba e Anna, a braccetto tra loro)
Didone è lontana,
e Iarba ed Anna già comandano la corte di Cartagine.
(Entrano
Licorida ed il suo amante, a braccetto tra loro)
La bella
Licorida ostenta il suo fresco amante.
Ed il popolo vuole un sovrano.
Che sia Re o Regina, ma un sovrano.
Oppur due, Re e Regina.
Purché vi sia un sovrano.
Perché è questo che il popolo chiede.
Un sovrano.
Ché la Fama disonesta, se rapida sabbassa, allor sì veloce
salza ancor71.
(Entra
Cadmo. Le due coppie sulla scena gli giran intorno irridenti)
E la spada
di Cadmo è sempre più sola.
Le sue miglior Guardie han seguito Didone.
Nemici mai gli son mancati.
Ma or son tanti.
E si fan arditi perché la Regina è lontana ed incerto è il
suo ritorno.
Guardati dall ombra, Cadmo!».
(Escon
tutti. Entrano due assassini col pugnale in mano, e vanno ad
aspettare qualcuno, nellombra, sul lato sinistro della
scena. Entra il fantasma corporeo di Sicheo, con aspetto triste,
e si posiziona al centro della strada, al centro della scena.
Entrano vari viandanti, che rischiano continuamente di travolgerlo,
come se non lo vedessero, se non fosse che lui, allultimo
momento, si vada spostando per evitare gli urti. Entra Cadmo,
da destra, e percorre la via. Sicheo indossa il cappuccio della
propria tunica, celando il volto. Cadmo intanto gli arriva vicino,
e stupito che questi non si faccia da parte, si ferma e gli passa
al largo, irritato. Sicheo lo raggiunge e gli sbarra la strada)
Sicheo: «Tu!
Fermati!
Sei il Capitano delle Guardie? ».
Cadmo: «Devi
esser straniero per chiederlo ».
Sicheo: «Tu
mi vedi e mi senti, dunque».
Cadmo: «Credi
forse che a Cartagine i Capitani delle Guardie siano ciechi e
sordi? ».
Sicheo: «Non
tinquietare. Non vedi che nessun mi vede?».
(I viandanti
continuano ad avvicinarsi indifferenti come se non lo vedessero.
Sicheo è costretto a scansarsi. Entra una giovane coppia
di dolci amanti. Sicheo si rivolge alla ragazza)
Sicheo: «Aspetta
ancora un po. Fallo sospirar. Fallo dire. Fallo ascoltar.
Aspetta ancora un po
(La giovane
non si cura di Sicheo e bacia il suo spasimante. Sicheo si rivolge
a Cadmo)
E non vedi
che nessun mi sente? ».
Cadmo: «Chi
sei? Da dove vieni? ».
(Sicheo
si spoglia del cappuccio)
Sicheo: «Il
mio nome è Sicheo, e vengo da un Regno lontano, dove vige
luce eterna ».
Cadmo: «Sicheo
Sicheo di Tiro
Il nobile Sicheo, sposo di Elissa, Principessa di Tiro
E passato molto tempo, ma io ti riconosco.
(Sicheo
annuisce. Cadmo gli rivolge un cenno d ossequio)
Perché Sicheo
ti mostri solo a me?
Intendi forse chiedermi ragione dei miei pensieri?
Ma come posso controllar la mia mente?
Ché se questo fosse in mio potere, io certo con solerzia, la libererei
dal tormento di cui è prigioniera.
Oppur vuoi chieder ragione del mio inestinguibile palpitar?
Ma come posso placar il mio cuore?
Ché se fosse in mio potere, io senza indugio alcuno, renderei arida
la fonte che alimenta tutti i suoi vani battiti, così spegnendo le
sofferenze che questi portano con sé».
Sicheo: «A
chi mostrarmi non è in mio potere.
Ché se lo fosse stato, ad Enea, il Troiano, mi sarei mostrato per
primo.
Ed a lungo e invano ho tentato.
Ma egli non ama Didone quanto io l amo.
Perché questa è la chiave ».
(Cadmo
si volta, pensieroso)
Cadmo: «Neanchio
ti vedo, nobile Sicheo ».
Sicheo: «Eppur
io tho visto quando salvasti il pupillo del mio cuor, pupilla
dei miei occhi beati.
Ma non ho molto tempo perch é son forestiero su questo mondo.
Ascolta dunque le mie parole, perché questa grazia ti chiedo, prode
Cadmo.
Parti subito per l Esperia72, alla volta del fiume Tevere.
La spuma dei delfini ti indicherà la via durante il giorno, le bianche
ali dei gabbiani te lindicheranno durante la notte.
Quando sarai da Didone, portala in vetta agli irti colli a mezzogiorno del
Tevere.
Lì troverai lunico bosco di cedri che cresca su quelle terre.
Quando sarete in mezzo al bosco, sceglierai, tra quelli intorno a voi, il
cedro pi ù alto e quello più giovane.
Poi brandisci la tua spada, ed intorno a ciascuno di essi, segna un cerchio
profondo sul terreno. Infine congiungi i due cerchi con un solco continuo.
E dille di fondare una nuova citt à ai margini di quel bosco.
Appena dopo le confermerai che mhai incontrato, e che sei stato il
mio braccio, la mia spada, e il mio labbro.
Lei capirà ciò che deve; per la mia felicità.
Ed io te ne sar ò eternamente grato, prode Cadmo.
(Sicheo
sorride dolcemente)
Ma non
vè tempo per saluti, né per ritirar cose
superflue.
Raggiungi il porto e parti come il vento.
(Sicheo
indica la parte destra della scena)
E percorri
la via pi ù lunga, perché non sempre quella più breve è anche
la più certa».
Cadmo: «La
Regina mi ha ordinato di rimanere a Cartagine, nobile Sicheo ».
Sicheo: «Parti
subito prode Cadmo, perché Didone è in grave pericolo.
(Cadmo
esce rapido)
Il tuo
amor per Dido t ha salvato.
E sol per esso ti risolvi a partire.
E se non m avessi visto, in pasto ai tuoi assassini saresti andato.
Tuttavia non penar per la tua Regina, perché ella non è mai
stata al sicuro più di adesso, protetta dal fondator di Roma! ».
(Sipario)
Atto Quarto (in sei scene)
Scena Prima
I Colli Albani, presso la futura Roma.
(Entra
Carneade. Segue Cadmo)
Carneade: «E già giunto
alla foce del fiume Tevere, il prode Cadmo.
La spuma dei delfini gli ha indicato la via durante il giorno.
Le bianche ali dei gabbiani gliel han indicata durante la notte.
Or risale il fiume e presso la modesta città di Pallanteo73 scorge le
insegne di Cartagine.
(Entra
Didone)
Il suo
cuor angosciato si placa alla vista della sua Regina.
Lei si sforza d apparir indifferente al suo arrivo.
Ma non gli chiede spiegazioni.
Quindi Cadmo segue il compito affidatogli da Sicheo.
Con prudenza, conduce Didone sugli irti colli a mezzogiorno del fiume.
Dallalto scorge il bosco di cedri.
Vi entra.
E Didone indugia.
Poi sceglie il cedro pi ù alto e slanciato.
Estrae la spada e come aratro ne fa uso.
Profondo il solco tracciato intorno al vecchio cedro.
Didone allor si commuove.
Poi Cadmo sceglie il cedro pi ù piccolo, giovane e promettente.
Il solco è profondo come laltro, ma il cerchio è più piccolo.
Infine il Capitano con profondo solco congiunge il cerchio grande a quello
piccolo.
Didone allor si volta e piange
».
(Carneade
esce)
Cadmo: «Costruite
una nuova prospera citt à ai margini del bosco, mia Regina.
Io ho incontrato il vostro sposo. Ma voi gi à lo sapete.
Sono stato il suo braccio, la sua spada, e il suo labbro ».
(Entrambi
indugiano)
Didone: «Sicheo
mi portò un giorno sulle alture di Tiro, dove crescono
i cedri più belli del mondo.
Lì mi giurò il suo amore.
Allora io scelsi un giovane cedro e gli dissi che il nostro amore sarebbe
cresciuto con esso.
Sicheo brandì la spada e segnò un solco sul terreno per riconoscere
quel cedro quando fossimo tornati.
Pensammo entrambi che se questo fosse avvenuto dopo che il solco fosse stato
corrotto dal tempo, e non avessimo perciò ritrovato il nostro cedro,
perdendolo, il nostro amore avrebbe seguito la stessa sorte.
Quando tornammo per l ultima volta, il cedro era molto cresciuto.
(Piange)
Ma conosci
bene la sventura che ci ha poi colpiti.
Quale turpe infamia, il mio stesso sangue, mio fratello, abbia commesso.
(Si fa
determinata)
Ma ora
quel cedro è il più alto fra tutti e si trova qui.
E un altro sta crescendo.
Ed è unito al primo dallamore per la stessa donna.
Il mio adorato Sicheo mi rivolge ancora il suo dolce pensiero, e solo per
la mia felicit à si da ancor pena.
Egli sa quanto io abbia sofferto per il figlio che non ho avuto il tempo
di dargli.
E pensai che questo giovane cedro fosse già nato quando Enea approdò sui
nostri nuovi lidi.
Ma grande fu il mio errore, come ben sai, fratello mio di spirito, così diverso
da quello di sangue.
Ed ora questo piccolo cedro cresce su terreno sterile, dove solo erbe infestanti
mettono radici.
Ed è per questo che io ora corrompo questo vano solco, ché solo
il cerchio più grande rimarrà visibile fino alla fine dei miei
giorni.
(Didone
afferra un ramo del sottobosco e comincia a cancellare il solco
tracciato intorno al cedro pi ù piccolo. Poi si arresta,
pensierosa)
Il resto
lo far à il tempo.
Prode Cadmo, or ti prego. Torniamo al nostro campo ed a spazi aperti.
Ché allombra dei cedri il mio cuore è ancor più gelido».
(Escono)
Scena
Seconda.
Bassa
Valle del Tevere. Campo di Enea e Didone, presso Pallanteo.
Tenda da campo di Didone. Di notte.
(Il fondo
della scena è immerso nelloscurità. Entra
Carneade)
Carneade: «Fallita
ogni trattativa, proseguono rapide le battaglie della scellerata
guerra.
Enea riceve l appoggio di forze superiori.
Almeno sì si mormora tra le genti.
E perfin laspra Giuno riporta consiglio nelle furiose menti della Regina
Amata74 e di Re Turno; principali avversari dellEroe del Fato.
Perfino laspra Giunone. O forse, più verosimilmente, è la
potente armata di Cartagine a riportar consiglio a chi laveva perduto.
E alla testa dei suoi militi, Didone.
Sempre circondata dalle sue Guardie.
Rifiuta la protezione di Enea, ma non per disprezzo della sua vita.
Che adesso serba con cura.
Or la notte è calata sul Campo degli esuli dAsia75.
Forse è lultima prima della rapida vittoria di Enea.
E la Regina guerriera riposa dalle fatiche del giorno.
(Le luci
si alzano: Didone è già in scena, assopita nel
proprio letto)
Qui nella
sua tenda.
La sua vittoria è incerta.
E la sua notte, priva di sogni ».
(Carneade
esce. Entra Marte. Didone si desta allarmata, scattando in piedi,
ed estraendo fulminea il proprio pugnale da combattimento, portato
lungo il fianco. Didone mostra veste da ore diurne)
Marte: «Non
riconosci il divino Marte, Regina?
Eppure sei qui in veste di guerriera.
E grande è stato il tuo valore, Regina guerriera.
Come or rapido il tuo braccio.
E attenta la tua guardia ».
(Didone
rinfodera il pugnale e rivolge un fugace cenno dossequio
a Marte)
Didone: «Divino
figlio di Giove, come hai superato le mie fide guardie?
E quali sono i tuoi intenti? ».
Marte: «Niente
e nessuno possono fermare Marte su questo mondo.
E vengo ad annunciarti il tuo destino.
Il tuo Fato, potente Regina guerriera ».
Didone: «Ti
ascolto, Nume dellOlimpo76».
Marte: «Questa
misera guerra sta per cessare, Didone.
Ed il Principe errante canta gi à vittoria.
Ma tu non hai raccolto abbastanza da essa.
Ed il Fato, ora munifico con te, ti concede ben altro.
Sei pronta a ricevere il tuo trionfo? ».
Didone: «UnOmbra
non può ricevere niente e nessuno, potente Marte.
Tu sembri dimenticarlo ».
Marte: «UnOmbra,
tu dici?
Eppur poco addietro hai mosso rapida come il fulmine ed agile come la leonessa
d Africa.
E come la tigre d Asia, hai esibito i tuoi artigli.
UnOmbra non teme per la propria vita ».
Didone: «La
mia vita non appartiene più a me stessa.
Perciò ho giurato di difenderla.
Ché se mia fosse, io mi curerei di essa come di un fastidioso fardello.
Perché io Ombra sono.
Ed unOmbra non teme per la propria vita, ma può amare quella
di altri ».
Marte: «Con
l amore non andrai lontano, Didone.
E stato forse amore quello che Enea tha dato?
O piuttosto alterigia, indifferenza e tradimento, sono state le monete con
cui egli ti ha pagata?
Eppure labile Troiano è ora ad un passo dal suo trionfo.
E proprio tu l hai reso possibile.
Ora puoi pagarlo con la sua stessa moneta.
Io sarò al tuo fianco e guiderò i tuoi passi.
Porterò io stesso il lieto annuncio a Re Turno.
Egli ti riconoscer à Regina dEsperia.
Ed il Mar Tirreno si estenderà da un lido allaltro del tuo immenso
Regno.
Tuo sarà lImpero.
E la futura gloria.
Tua la vittoria.
E farai di Enea ci ò che vorrai.
Re o servo.
Suddito o cortigiano.
Generale o guardia.
Tua sarà la scelta.
Perché munifico con te è il Fato che io tannuncio.
Non voltargli le spalle perch é terribili sarebbero le conseguenze.
Ma loda il tuo destino.
Fallo tuo.
Amalo.
Perché esso non ti deluderà.
Esso non ti volter à le spalle come Enea di Troia.
Renderà gravida la tua passione.
E fertile di regnanti il tuo grembo.
Segui il tuo Fato, Elissa di Tiro! ».
(Didone
si volta e rimane pensierosa, in disparte; poi si sfiora il grembo)
Didone: «Quali
sono i tuoi piani, gran Nume della Guerra?».
Marte: «Il
nuovo giorno porterà la battaglia decisiva di questa misera
guerra.
Eppur già mimbarazzo a chiamarla battaglia.
Il tuo mondo è ormai ingentilito ed inbelle.
Ed invadenti si fan pur le femmine di questo mondo.
Ma tu sei diversa, prode Regina guerriera.
Tu non fallirai.
Ecco dunque le nostre trame:
Quando il sole di domani sarà alto nelletere, Troiani e Italici
si scontreranno.
Enea attenderà il tuo intervento, ma la tua armata rimarrà in
disparte.
Intanto Re Turno, da me informato, calerà alle spalle del Teucro con
il suo potente esercito e farà strage di usurpatori erranti77.
Le tue mani saran linde del sangue dIlio78, giacché la tua armata
ha solo da restar inerte.
Questa la sua facile missione.
Ma grande sar à invece il premio.
Tuo lImpero che il fuggiasco Troiano sera a sé riservato.
Sua la moneta che gli renderai.
Silenzio per silenzio.
Disprezzo per disprezzo.
Tradimento per tradimento.
Questo il fio della sua colpa.
Ed io lequo Giudice.
(Didone
indugia)
E se ancor
temi per vita del bellEroe di Troia, io la renderò intangibile
ai dardi italici.
Egli sarà tuo.
Finalmente.
Perché non avrà più un destino da inseguire.
Tu sarai il suo Fato».
(Didone
si sfiora il grembo con espressione dolente)
Didone
(fra sé, in disparte): «Empio Enea, è pur
vero: io ti disprezzo.
Ed il mio sdegnato silenzio sar à la parola mia più eloquente.
Le mie suppliche or tu non ascolterai mai pi ù.
E quelle che già ti rivolsi, queste non potrai rimembrar, perché neppur
le ascoltasti, tu perfido esule di Troia.
Io ti disprezzo, Enea.
E bramo compensar il tuo tradimento con pari trattamento.
Ogni versante della mia mente, ogni suo più sperduto anfratto, ogni
eremo e ogni covo, dipingono dentro di me, ad ogni istante, le tue vele.
Le tue vele che lasciano solerti il mare di Cartagine, coi lor legni rivolti
all Italia.
Sento ancor la gelida brezza del mare, e vedo la fredda luce del primo apparir
di Febo.
E rimembro i pensieri che m accompagnavano al rogo
(Entra
Virgilio e indica Didone)
Se
forza, se destino, se decreto
è di Giove e del cielo, e fisso e saldo
è pur che questo iniquo in porto arrivi
e terra acquisti; almen da fiera gente
sia combattuto, e, de' suoi fini in bando,
da suo figlio divelto implori aiuto,
e perir veggia i suoi di morte indegna.
Né leggi che riceva, o pace iniqua
che accetti, anco gli giovi; n é del regno,
né de la vita lungamente goda:
ma caggia anzi al suo giorno, e ne l'arena
giaccia insepolto. Questi prieghi estremi
col mio sangue consacro. E voi, miei Tiri,
coi discesi da voi, tenete seco
e co' posteri suoi guerra mai sempre.
Questi doni al mio cenere mandate,
morta ch'io sia. N é mai tra queste genti
amor nasca, n é pace; anzi alcun sorga
de l'ossa mie, che di mia morte prenda
alta vendetta, e la dardania gente
con le fiamme e col ferro assalga e spenga
ora, in futuro e sempre; e sian le forze
a quest'animo eguali: i liti ai liti
contrari eternamente, l'onde a l'onde,
e l'armi incontro a l'armi, e i nostri ai loro
in ogni tempo79.
(Virgilio
esce)
Questi
i miei nefasti pensieri.
Frutti maligni di mente oscurata.
Eppur sì saggi.
E sì giusti
Ma or qual Ombra non pongo pensieri.
Lascio lempio Teucro al suo destino.
Ed il mio cuore iniquo a palpitar invano.
Perché io ti disprezzo, Enea.
(Rivolta
a Marte)
Escludimi
dalle tue trame, potente Marte.
Che il Fato scelga meglio i propri Campioni.
E che Re Turno rimanga in disparte, se egli non vorr à saggiare il
ferro dei miei Tiri».
Marte: «Tu,
infida creatura!
Tu, femmina volubile e ingrata
Così rendi grazie al Fato, che generoso ha risparmiato la tua futile
vita, prodigo tha concesso ampie virtù, e munifico tha
preparato facili premi!
Così dunque tu rendi grazie al Fato!
Ma io ti maledico, Didone.
Non sarà ancor passato per intero il giorno di domani, che già luomo
a te più caro su questa terra, crollerà su di essa nel suo
medesimo sangue. E italico sarà il mortal ferro ».
(Marte
esce)
Didone: «Contro
chi rivolgi la tua terribile volontà, crudele divinità dellOlimpo?
Contro colui caro al mio cuore iniquo?
Oppur piuttosto contro colui caro ai miei pi ù puri pensieri?
Tu mi condanni a conoscer le mie intime ragioni, che son sconosciute perfino
a me stessa, solo nel momento in cui sar à troppo tardi per liberarle.
Ed inutile serbarle.
Ma sia il tuo complotto degno di un dio, perché Didone, qual Ombra,
non teme per la sua vita e questa pone ora a servizio di coloro che ama.
Solo una donna sola contro un Dio glorioso.
Eppur guardati da lei, Marte
».
(Esce,
con atteggiamento fiero)
Scena
Terza
Bassa
Valle del Tevere. Campo di Enea e Didone, presso Pallanteo.
Altare da campo. Il giorno seguente, allalba.
(Entra
una guardia cartaginese. Poi Didone)
Guardia: «Avete
voi da comandare, nobile Regina di Cartagine?».
Didone: «E così,
mia fedele e solerte Guardia.
Chiama il tuo Capitano e convoca Ilioneo di Troia.
(La guardia
esce. Poco dopo entra Cadmo)
Mio Capitano,
conduci a me, rapido come sai essere, il più deperito
animale che pascoli qui a Pallanteo.
E che abbia occhi spenti e dentatura fragile.
Ma non lasciar la citt à, per nessun motivo.
E sii vigile. Ch é il nemico muove nellombra.
(Cadmo
esce. Poco dopo entra Ilioneo)
Ambasciator
dEnea, informa il tuo Principe che prima dellultima
battaglia, intendo trarre un aruspicio80.
E che la mia armata non muover à se esso non sarà benevolo.
Almeno per un intero giorno.
Ma sii solerte perché la buona pratica sta per cominciare e voglio
che tu sia presente e veda coi tuoi occhi qual presagi si preparano.
(Ilioneo
esce. Poco dopo entra Cadmo con un agnello deperito e malaticcio.
Didone compie alcuni gesti rituali, poi esorta Cadmo ad uccidere
l animale e ad aprirne le viscere. Entra Ilioneo)
Sei giunto
appena in tempo, Ilioneo di Troia.
Ma laruspicio non è benevolo.
Le sacre interiora sono luride, come il nostro prossimo destino.
Informa il tuo Principe, dunque.
Che egli attenda un intero giorno prima di muover battaglia.
E domani la potente armata di Cartagine sar à di nuovo al suo fianco.
Perché il suo Fato è glorioso, ma esige i suoi tempi per realizzarsi
al meglio.
(Ilioneo
esce)
Mio nobile
Capitano, abbiamo or tempo per parlar di Cartagine.
Abbiamo tutto il tempo di questa giornata.
Parlami di Cartagine, dunque
».
(Escono)
Scena
Quarta
Bassa
Valle del Tevere. Dintorni del Campo di Enea e Didone, presso
Pallanteo. La seconda notte seguente.
(Entra
Carneade)
Carneade: «La
maledizione di Marte, o dellanima dannata che portava le
sue divin sembianze, sè persa nella disarmante umanità di
unOmbra.
Passato il maledetto giorno, quello seguente ha portato nuove battaglie e
nuovi duelli.
E quando lultimo, irriducibile Campione delle antiche genti dAusonia è infin
caduto sotto la spada del Campione del Fato, la scellerata guerra ha potuto
dirsi conclusa.
Roma potrà or sorgere dai figli di Enea, e dai figli del suo primo
figlio, Julo; il cui più noto discendente porterà Roma ai confini
del mondo81.
(Entra
Enea)
Enea ha
vinto.
Enea ha trionfato.
(Entra
Didone, seguita a distanza da Cadmo)
Ed or Didone
non è più dostacolo alla sua gloriosa missione.
Ma anzi questa ha reso facile, ed or ne rappresenterebbe il suggello.
(Entrano
Virgilio e Busenello. Alle rispettive citazioni, Carneade indica
ora l uno, ora laltro)
Didone,
la fuggitiva.
Lei, la fenicia Elissa, che per divin bellezza e regal portamento,
sopravanza andando ogni altra dea82.
Lei, creatur bionda ma sì celeste, ché
La natura creante
Nel partorir Didone
Non produsse un bel viso,
Ma incarnò un Paradiso83.
Didone, la gran Regina, che nella sua città,
ragioni e leggi dettava ai suoi, e di fatica il carco in sorti
divideva o in parti uguali84.
(Virgilio
e Busenello escono)
E che ora,
ardimentosa condottiera, i suoi aveva guidati su terre lontane
per edificar nuove città, su medesime ragioni e leggi,
e con medesime fatiche per tutti.
Regina elettissima, che piange le sue perdite, e onora tutti i caduti.
(Entrano
Eurialo e Niso)
Regina
singolare, che domanda di due giovani, giovanissimi prodi. Niso
ed Eurialo, i loro nomi.
(Didone
li accarezza)
E che di
questi accarezza i volti ignari85.
Regina Didone, degno suggello alla grande impresa.
Ed il Fato or non pi ù è ostile, ma anzi benevolo, e financo
propizio.
Enea saccende della sua vecchia passione.
Passione di superficie per la superficie, in quel di Cartagine.
E complice la luna, incontro le si fa
(Enea si
avvicina a Didone. Cadmo rimane in disparte)
Enea e
Didone si allontanano sotto gli occhi di Cadmo.
Gli occhi della Regina cercano quelli del Capitano.
Ma stavolta Cadmo non pu ò comprendere.
Gelida e crudele stilettata punge il suo cuore.
Amor struggente.
Amor mirabile.
Amor sconfinato.
Infin rinuncia a palpitar per far posto ad altro intento.
Cadmo ha deciso: vestir à i panni del fratello.
(Cadmo
esce. Entra Sicheo)
Ma seguiamo
il nuovo Re, intento a ripropor vecchia impresa.
Vedo lampi e odo tuoni.
Pioggia mi bagna e vento mi schiaffeggia.
Ma scorgo una capanna e presumo sia vuota.
Di nuovo il ciel si fa complice86.
Di nuovo son soli, Enea e Didone.
Ieri nellantro di Cartagine, oggi nella capanna della futura Roma.
Luno vicino laltra.
Luna di fronte laltro.
Enea le prende la mano.
Il cuore di lei affanna, ma il suo spirito è fermo.
Poi anche il cuore rallenta.
Ed infin tace.
Didone si riprende la mano e con essa tocca la cicatrice che le segna il
grembo, celata alla vista dalla regale veste, ma non da questa celata al
suo cuore.
La capanna non è molto diversa dallantro, ed anzi vieppiù comoda.
Tuttavia Didone questa volta indugia.
Ed Enea la esorta
Lasciamoli dunque soli ».
(Carneade
esce)
Enea: «Il
Fato ci lascia finalmente liberi, Didone mia.
Qui sorgerà un grande Impero e tu ne sarai la prima Regina ».
(Sicheo
si frappone tra Enea e Didone, ma luomo non lo vede. Infine
esce, sconsolato)
Didone: «Avrò dunque
per marito il Fato?
Io che porto ancora le sue ferite? ».
Enea: «Di
che parli, Dido?
Chi tha inferto ferite?».
(Didone
piange. Si tocca di nuovo la ferita, con espressione dolente,
come se questa tornasse invero ad aprirsi)
Didone: «Il
mio amore per te è morto, Enea.
Io sono morta.
Tu hai ucciso il primo.
E ti sei disfatto della seconda; come con il vecchio naviglio, che non servendo
più alluso, si lascia appena in secco sulla riva, indifferenti
alle bizzarrie dei flutti, così come al suo destino.
Io ho completato lopera tua, perché tho amato più della
vita mia. E questa tho iniquamente sacrificato.
(Didone
si tocca di nuovo la ferita, ben rivolta verso Enea)
Nel mio
grembo non porto un figlio tuo, ma il segno della tua spada.
Non dormii per lunghe, infinite notti.
Ero malata.
Ero sola.
La mia mente, corrotta dallinsonnia, andò oltre la disperazione
della mia anima.
Io avevo bisogno del tuo aiuto.
Non del tuo amore, che non posso, né voglio importi, ma della tua
comprensione.
Od almeno della tua tolleranza.
Ché ero malata in quel tempo.
Non avevo bisogno di Enea, lEroe, ma di Enea, lUomo.
Ma tu non hai fatto distinzioni.
Sarebbe bastata una tua sola parola daffetto per sovvertire il mio
destino, senza compromettere il tuo.
Invece sola, con la mia mente assassina, rimasi in quel tempo.
Eppur, in fondo, io non ti biasimo, perché non dovevo io concederti
così tanto, ed oltre alla carne, tutta lanima mia.
Ma non biasimarmi se ora mi tengo la prima e mi riprendo la seconda.
Se libero la mia anima dalla spada crudele che lha inchiodata a terra,
alla mercé di corvi e sciacalli.
Io devo la mia non morte ad un sol uomo.
E linfima speranza di vivere ancora, allo stesso uomo.
E non sei tu».
(Didone
accenna ad uscire)
Enea: «Aspetta,
Didone mia.
Non mi negar parola.
Tu splendida creatura, che illumini la notte, e rendi prospero il giorno.
Tu che sei vanto della tua città.
Che ogni Re vorrebbe affiancare.
Che mhai ospitato nella tua Reggia, ramingo ed affamato.
Regale Didone
Indomita Didone
Riapri il tuo cuore, perché ora son finalmente libero di aprire il
mio.
E non conosco i tristi fatti che tu narri».
Didone: «Questa è la
mia più grande ferita.
Ormai il nostro tempo è fuggito, Enea.
Ché se pur il nobile Cadmo non dovesse aprirmi il suo cuore, io a
Cartagine farei ritorno.
E sola e senza eredi, preferirei restare.
Son le stesse parole tue, queste87. O non conosci neppur quelle?
Cessa dunque, come tu pur dicesti, di amareggiare con i tuoi vani lamenti
il mio cuore ed il tuo88.
E sii libero di seguire il tuo destino, come allora.?
Chi tha assegnato il Fato?
Quale proba fanciulla t attende per darti eredi degni della tua gloria?
Or si dice che lunica figlia dellanziano Re Latino, che risponde
al nome di Lavinia, divelta dal suo primo amore89, già sia pronta a
prenderti per marito.
E si dice pure che io sia la speranza di Re Turno.
Allor misera speranza egli pu ò vantare.
E meglio farebbe a contar sull amor di Lavinia, e questo alimentare
praticando ragione e temperanza e non larmi.
Ma vani sono i miei discorsi.
Ché il Fato già sè pronunciato.
Cosa ancora aspetti, dunque, Enea?
Sii libero di seguire il tuo destino, come lo fosti a Cartagine.
(Enea indugia)
Ma se ancor
brami indugiare, rivolgi il tuo appello agli oscuri inferi della
mia anima, perché è in quei luoghi oscuri che essa
si trova da quando lhai abbandonata morente, come il naviglio
consunto che non curanti si concede ai flutti perché essi
ci evitino il fastidio di farne legna per la casa.
La tua Didone è morta, Enea. E la sua anima puoi trovarla agli inferi.
Tra i morti. Tra le ombre.
Ancor trafitta dalla gelida lama del tuo disdegno.
Rivolgiti a me per quel che sono, dunque: anima errante nei Campi del Pianto90,
e prendi l arbusto di mirto91 che qui spunta per segno del Fato; ché a
te è sì caro».
(Enea indugia,
angosciato. Entra Virgilio. Ad un suo cenno, Enea prende la parola.
Didone lo ascolta senza guardarlo)
Enea92:
«Dunque, Dido infelice, e' fu pur vera
quell'empia che di te novella udii,
che col ferro finisti i giorni tuoi?
Ah, ch'io cagion ne fui! Ma per le stelle,
per gli superni d èi, per quanta fede
ha qua gi ú, se pur v'ha, donna, ti giuro
che mal mio grado dal tuo lito sciolsi.
Fato, fato celeste, imperio espresso
fu del gran Giove, e quella stessa forza,
che da l'eteria luce a questi orrori
de la profonda notte or mi conduce,
che da te mi divelse; e mai creduto
ciò di me non avrei, che 'l partir mio
cagion ti fosse ond'a morir ne gissi.
Ma ferma il passo, e le mie luci appaga
de la tua vista. Ah, perch é fuggi? e cui?
Quest'è l'ultima volta, ohimè! che 'l fato
mi dà ch'io ti favelli, e teco sia ».
(Didone torna a
voltarsi verso Enea)
Didone: «Io
sciolgo le mie vele, Re del Lazio, e fondator di Roma; ché questo è il
tuo Fato.
Ma lo faccio senza tramar inganno, e per volontà mia e non del Fato.
Eppur non parto da nemica e non mi reco lontano.
Io abdico, nuovo Re del Lazio.
Lascio Cartagine alla mia amata sorella per qui posar nuove pietre.
Ma non per portar nuova Corona.
Per lamor che ti portai, sarai ancora mio ospite quando giungerai alla
mia nuova città, sugli irti colli.
E ne sarai il Signore.
E così i tuoi figli.
"Signori", ho detto.
E non Tiranni.
Ché per loro mai ci sarà posto in questa nuova città.
E quando sarò io a giunger nella capitale del tuo Regno, accetterò la
tua ospitalità, se vorrai offrirmela».
(Così detto, Didone esce dalla capanna, e sfida la pioggia ed il vento,
pur di tornare subito al campo. Pur tuttavia rimane in scena)
Virgilio93:
Né però men dolente, e men pietoso
restonne il teucro duce; anzi quant'oltre
poté con gli occhi, e lungo spazio poi
col pianto e coi sospiri accompagnolla.
Poscia tornando al suo fatal vïaggio
giunse là 've accampata era in disparte
gente di ferro e di valore armata.
Perché non ho scritto una volta per tutte, ma tutte le volte in una
sola94.
E non ho scritto una volta per tutte. Ma una volta per sempre».
(Virgilio ed Enea escono, dalla parte opposta rispetto a quella in cui si trova
Didone. Entra Carneade)
Carneade: «E libera Didone.
La sua anima è liberata.
E corre a cercar Cadmo.
E ansiosa Didone.
Il suo cuore riprende a battere.
E corre a cercar Cadmo.
Luomo il cui amor paziente ha divelto il gelido sepolcro in cui ella
aveva chiuso il proprio cuore.
Ma la luna è coperta.
Ed il cammino incerto...
(Didone è disorientata. Ha smarrito la via e non riesce a lasciare la
scena)
Corri Didone, perché la tua anima è libera.
Ed il tuo cuore ha ripreso a battere.
Corri a cercar Cadmo, ma attenta alla banal via.
La tua mente percorre strade vellutate, con piede di piuma.
Ma attenta alla vil strada, ché di questa hai bisogno ora per giunger
solerte al tuo Campo, dove ancor per poco tattende un cuore ostinato,
trafitto di fresco da crudele e gelida stilettata».
(Didone continua a vagare, disorientata, per la scena. Poi si ferma e cade
in ginocchio. Piange, con lacrime di felicità e dangoscia insieme)
Didone: «Cadmo
Dove sei?
Cadmo
Dove sei?».
(Si alza ed esce. Carneade esce dalla parte opposta)
precedente -- seguente
|